2 momenti per ricordarsi di amare il proprio lavoro...

 

Premettendo che quel che scrivo non è legge e non voglio insegnare nulla a nessuno ho pensato che fosse interessante ragionare su un aspetto che molto spesso passa in secondo piano nella vita di tutti i giorni:

CI PIACE DAVVERO IL LAVORO CHE FACCIAMO?

Non ho un esperienza decennale, sono stata più di 5 anni a studiare questo argomento e sono 3 anni che affronto questo lavoro e la formazione continua che si concerne alla professione da: ARCHITETTO.

Che parolona! ci piace dividerci in tanti settori ed identificarci con il lavoro che facciamo, quindi quando dici che sei architetto nelle persone viene subito l’idea di una persona creativa che disegna e costruisce edifici, tendenzialmente strani e senza senso.

Questo è anche quello che ci insegnano all’Università, le “Archistar” (per i profani si intendono gli architetti più famosi passati e presenti) in effetti sono architetti estrosi che realizzano particolari edifici in tutto il mondo, belli o brutti che possano sembrare è Architettura.

Ma nella quotidianità, con i clienti che non sono milionari, o miliardari, come quelli degli architetti sopracitati, bisogna ridimensionarsi, ci si trova a farsi la guerra tra colleghi architetti e con le altre due categorie nel mondo dell’edilizia: gli ingegneri ed i geometri.

In questo marasma di tecnici e di clienti che vogliono “fare qualche lavoretto” trovare tutta quella passione per l'architettura sembra quasi impossibile. Quando subentrano i soldi, i pagamenti o i non pagamenti… soprattutto i secondi, quando subentra la burocrazia, le pratiche, tutta la parte noiosa insomma è difficile ricordarsi perché si è scelto questo tipo di lavoro.

Però in questi pochi anni di lavoro ho capito che deprimermi su progetti decisi in partenza dal cliente, che vuole solo qualcuno che gli sbrighi le pratiche non è quello per cui ho studiato e che voglio fare.

Ho capito che fare il pendolare per fare disegni al computer meccanicamente non è quello per cui mi alzerei tutte le mattine, fare tutti i giorni la stessa strada, stare tot ore alla scrivania, disegnare, trovare soluzioni per altri senza essere riconosciuti per il proprio lavoro, no! questo non fa per me.

Per questo ho deciso di buttarmi nel lavoro in proprio, per questo sto studiando da 3 anni come creare il mio business, la comunicazione, la vendita… e qui il prodotto sono io, sono la mia professionalità e le mie peculiarità, continuo a studiare il personal business e tutto il mondo dell’online.

Perché tutto questo?

La questione era AMIAMO IL NOSTRO LAVORO?

Ho avuto dei momenti di sbandamento, la disperata ricerca di un lavoro, o meglio tirocini/periodi di prova ma ho realizzato mi faceva più male che bene, distrazioni, la disperata sensazione di dover avere uno stipendio a fine mese come tutti gli altri mestieri, come i miei genitori, parenti e amici.

Tutto questo aveva spento completamente la mia motivazione, agivo meccanicamente, la creatività era come bloccata, limitata, avevo smesso di capire cosa voglia dire davvero essere architetto.

Fino ad un momento, come una doccia fredda!

Il giorno in cui mi sono ricordata perché amo fare l’architetto..

Un lavoro in proprio, un progettino di idee, nulla di speciale sulla carta, la prassi per il nostro mestiere.

Il contatto umano con il cliente al momento della revisione è l’aspetto importante. Sembra sempre che il cliente si lamenti e basta, che non voglia sentir ragioni sulle sue idee e che bisogna alla fine far come vogliono perché sono loro che pagano. Ma non ci accorgiamo quasi mai dell’altro lato della medaglia.

Due ore di riunione sul progetto, mente fusa con il pensiero delle ultime modifiche da fare, al momento dei saluti sentirsi dire: “grazie, mi sono proprio divertita ad immaginare la mia casa con te” è stata come un lampo nel buio, una soddisfazione unica che vale più di tutti i soldi del mondo.

Ho capito che la cosa che amo del mio lavoro è riuscire a far immaginare alle persone quello che nella mia testa succede ogni volta che vedo una casa, un rudere, qualunque cosa che ha bisogno di un nuovo look.

Avere la conferma di riuscire a far vedere il diamante da un pezzo di pietra grezza è veramente una gioia.. pura, assoluta.

Non è più importante chi è il tecnico o chi il cliente, quanto e se paga. Questi aspetti vanno in secondo piano, tutta l’energia che si ha da ogni cliente soddisfatto è il motivo per cui ho capito di amare quello che faccio.

Ma ho parlato di due momenti, se avrai la pazienza di leggere ancora un po’ i miei sproloqui, ti devo raccontare un’altra parte di questo mio lavoro che mi ha fatto decidere di fare ciò che mi piace e non ciò che “va fatto”.

Per chi non mi conosce devo fare una piccola parentesi, la mia tesi di laurea è stata l’antitesi di uno studio sempre più accurato di una piccola nicchia: le Tiny House. Si tratta di piccole case, alloggi minimi, per il risparmio economico, la sostenibilità ambientale e un’occhio all’ecologia.

Praticamente questi piccoli spazi racchiudono tutti gli aspetti architettonici che mi sono a cuore, con un’attenzione agli interni e con soluzioni su misura e multifunzionali, aspetto che permette alla mia creatività e fantasia di lavorare a duemila.

Parlo delle Tiny House perché in realtà il secondo momento non è uno specifico, ma si ripete. Ogni volta che immagino un piccolo spazio, che disegno una tiny house o un elemento ad essa collegato, ognuna di quelle volte mi accorgo che non vorrei fare altro che amo progettare, creare, immaginare.

Essere architetto vuol dire tutto e niente, abbiamo talmente tante specializzazioni, tante nicchie, tanti argomenti ma finché non trovi quello che è tuo è come voler stare con due piedi in una scarpa con tanti strati di calzini per ogni singolo piede, quindi un casino assoluto!

Quando devo disegnare un tiny space, in quel momento non esiste altro, se ho la febbre non la sento, potrei lavorarci per ore e non rendermene conto e quando ho finito non sentirmi nemmeno stanca… ecco credo che questo sia un momento che ti fa capire che ami quel che fai.

Lo so che molti di voi penseranno “sei all’inizio, aspetta che passa qualche anno e vedrai come cambi idea” a voi dico solo che si, potrebbe essere che tra qualche anno non saranno più questi i momenti che mi faranno ricordare perché amo il mio lavoro, ma sempre a voi voglio ricordare che ho scelto di buttarmi e trovare la mia strada, mi sono lasciata la libertà di scegliere e proprio per questo spero di continuare a lavorare seguendo questa linea.

UNO STIPENDIO FISSO FACENDO UN LAVORO CHE MI RENDA TRISTE NON POTRÀ MAI COMPETERE CON IL LAVORARE CON PASSIONE ED AMORE PER IL PROPRIO LAVORO.

Ti sfido a trovare i tuoi due momenti, magari saranno anche 3/4 oppure non ne troverai nessuno, a quel punto non ti resta che pensarci un po’ su, magari bisogna accontentarsi per arrivare a fine mese anche facendo qualcosa che non ci piace per niente, però credo ce l’importante sia sempre cercare quei piccoli momenti che ci danno gioia, oppure crearseli.

Per esempio nei miei periodi da pendolare ho osservato le persone, mi ha fatto veramente male vedere tutte quelle facce tristi di prima mattina e ho capito benissimo cosa vuol dire andare a lavoro controvoglia, sentirsi male solo al pensiero di doverci andare, in quei momenti magari notavo qualcosa, un neonato che ride, una situazione buffa, una scritta sul muro che mi faceva sorridere e la giornata era più sopportabile, ecco, credo che questi piccoli momenti di gioia possano fare la differenza.

Magari di questo argomento scriverò di più in futuro, ora aspetto un tuo commento… infondo sono solo una giovane professionista allo sbaraglio che ti chiede se AMI IL TUO LAVORO?